Sardegna Basket e riforma dello sport: quattro chiacchiere con Francesco Garau

6 marzo 2021
Basket e riforma dello sport: quattro chiacchiere con Francesco Garau

Lo scorso 26 febbraio, il Consiglio dei Ministri, in attuazione della legge delega 86/2019, ha approvato i decreti legislativi che introducono novità rivoluzionarie nel mondo dello sport.

Ne abbiamo parlato con Francesco Garau, dirigente sindacale della CIGL, che è stato un ottimo giocatore, allenatore e dirigente di pallacanestro. Persona che, quindi, forse meglio di chiunque altro conosce gli aspetti problematici dello sport dilettantistico ma anche le questioni che attengono in generale alle tutele dei lavoratori.

I punti nevralgici della riforma sono tendenzialmente due:

1) la qualificazione dei collaboratori sportivi come regolari lavoratori, con le conseguenti tutele previdenziali, anche per i contratti che prevedono compensi al di sotto della soglia di compenso annuo defiscalizzata di € 10.000,00.

2) l’abolizione del vincolo sportivo, che consentirà agli atleti il libero trasferimento senza il nulla osta della società di appartenenza.

Chiediamo a “Cicci” Garau un suo parare su entrambi gli aspetti della riforma e, con riferimento al primo aspetto, se non pensa che i maggiori costi che deriveranno per le società dalle tutele previdenziali dei collaboratori non rischino di essere trasferiti sulle famiglie con l’aumento delle quote di iscrizione e frequenza.

Con riferimento, invece, al secondo aspetto se non crede che le società, perdendo un’aspettativa di introito in seguito al trasferimento dei giocatori più competitivi, non possano decidere di investire meno sulla qualità della formazione dei giocatori (qualità degli istruttori, attrezzature, esperienze per i ragazzi)

Voglio ringraziare il presidente Riccardo Fiorelli e l’Accademia Basket per avermi coinvolto su questi argomenti che toccano due sfere importanti della mia vita, ovvero lo sport e il lavoro.

I due temi posti ovviamente creeranno forte dibattito in seno ai Presidenti/Dirigenti delle società sportive, tra gli Allenatori/Istruttori oltre che nella sfera privata delle famiglie del singolo atleta.

La discussione sarà ampia e articolata.

Spero di non cadere nell’imbarazzo della contraddizione dovuta non solo alla mia temporanea attività di sindacalista, quindi di chi dovrà o potrà tutelare i futuri “Lavoratori sportivi”, con quella di ex giocatore e dirigente sportivo.

Qualificare come regolari lavoratori siano essi gli allenatori o i collaboratori amministrativi da un lato sarà utile perchè il legislatore ha previsto di ampliare la platea di

“regolari” un numero importante di persone che, spesso, nel controverso mondo lavorativo italiano, investono tutto il loro tempo nell’insegnamento dello sport che hanno praticato dai primi anni della loro infanzia. Su questo tema la legge va sulla giusta strada. Cioè acquisire la carriera di Giocatore o Giocatrice trasformandola in un percorso formativo per approdare ad un vero e proprio lavoro regolarizzato. Questo significa anche dare un minimo di prospettiva pensionistica a quella fascia di “professionisti” i quali oggi si troverebbero senza un minimo di reddito alla fine della loro attività da Allenatori.

Quindi si creerebbe un vero e proprio Contratto Collettivo Nazionale di lavoro a loro tutela. Dall’altra parte però, si deve fare i conti con le difficoltà delle Società sportive che dovrebbero accollarsi degli oneri che, senza ombra di dubbio, ricadrebbero sulle famiglie con l’effetto di allontanare le giovani e i giovani dal mondo dello sport. Su questo punto la Legge entra in contraddizione, da un lato si pone il fine di agevolare la partecipazione sportiva “regolata”, dall’altra crea ancora più confini tra chi potrà permettersi di svolgere uno sport e chi invece dovrà rinunciare. Così si aggiungerebbe una ulteriore divisione sociale nella società italiana.

Io credo che si dovrebbe trovare un punto di equilibrio aumentando quelle che possono essere le detrazioni per le attività sportive riportando quegli extra costi a saldo zero sia per lo Stato che per le famiglie. Cioè se si crede nello sport così come afferma la citata Legge, si dovrà mettere in conto che questa formazione non sia solo sportiva ma anche sociale sanitaria e di vita, che guarda al futuro dei nostri figli. Qui lo Stato deve fare la sua parte e il suo ruolo sarà determinante.

Sull’abolizione del vincolo sportivo io sono decisamente contrario. Se il legislatore vuole riformare il settore prevedendo più responsabilità e più professionalità nei confronti di chi ha in mano un pezzo importante della vita formativa ed educativa dei nostri figli e figlie allora deve poter prevedere la possibilità, si di poter scegliere dove svolgere l’attività sportiva, ma non può discriminare il lavoro progettuale delle Società “serie” sopratutto quelle che, come l’Accademia Basket, promuovono attività di squadra.

Spesso, a causa della bassa natalità e di altri fattori sociali delle diverse aree della nostra nazione, i gruppi spesso hanno numeri ridotti e la mancanza di un solo componente mette in crisi un intera squadra. Aggiungo che spesso i nostri figli sono vittime del nostro eccesso di ambizione che non sempre guarda alle necessita dei nostri figli ma, al contrario, riflette su loro il nostro egocentrismo, per non dire frustrazione, che spesso li porta ad allontanarli prematuramente dallo sport.

Ufficio Stampa Teti Aqe Sestu