La pallacanestro al tempo del corona virus, le considerazioni di Federico Tamberi.

21 ottobre 2020
La pallacanestro al tempo del corona virus, le considerazioni di Federico Tamberi.

Appreso con soddisfazione il contenuto dell’ultimo DPCM che consente di continuare a fare attività anche agli sport di squadra di contatto, sono fermamente convinto dei grandi benefici sotto l’aspetto del benessere fisico e sui risvolti sociali di tale decisione, rimango tuttavia perplesso dalla scelta delle federazioni di voler disputare i campionati dilettantistici ad ogni costo, ignorando le enormi problematiche che scaturiranno dall’applicazione dei protocolli e del rispetto delle ordinanze sulla prevenzione e contenimento di emergenza sanitaria che scattano non appena qualsiasi individuo risulta positivo.
Non mi riferisco chiaramente a quelle realtà professionistiche o semi professionistiche per le quali lo sport è fonte di reddito, ed è giusto che proseguano la loro attività attenendosi alle normative in materia, ma parlo di tutte quelle associazioni dilettantistiche che rappresentano la linfa di tutti gli sport.
Francamente piuttosto che una nota lapidaria che ci dice di “andare avanti” e giocare, avrei preferito che le federazioni si fossero confrontate con le società perché, almeno io, gli avrei chiesto:
-ha senso disputare un campionato in balia di possibili quarantene e/o isolamenti domiciliari che impongono rinvii di partite con le conseguenti difficoltà di trovare spazi idonei per i recuperi, e squadre che si trovano costrette poi a giocare dopo molti giorni di forzata inattività?
-rientra tra i valori dello sport giocare contro squadre decimate dalle quarantene ad armi impari?
-ha senso disputare partite senza metà squadre, allenatori, dirigenti, addetti ai defibrillatori ecc.? E nell’impossibilità di poter schierare tesserati che ricoprono gli opportuni ruoli, come prevedono le rigide normative federali, cosa succede?
-ha senso disputare campionati quando alla sfortunata eventuale ma non improbabile reiterata quarantena molti giocatori potrebbero fare un passo indietro per non compromettere lavoro o studio? E non voglio entrare su aspetti sanitari e sulle varie situazioni in ambito familiare che celano problematiche ben più importanti di giocare una partita e non vuole essere questo il contesto su cui discuterne.
-come affrontiamo il problema delle trasferte che se nei campionati seniores pur con le dovute difficoltà potremmo forse risolvere, nei campionati giovanili, peraltro molti calendarizzati infrasettimanalmente, diventa un ostacolo quasi insormontabile senza l’apporto o di tutti i genitori o da un grande impegno economico da parte delle società costrette a noleggiare pulmini in modo da ottemperare alle normative vigenti sul trasporto di persone?
Mi fermo solo a queste poche e semplici domande ricordando che le nostre associazioni sono alimentate dal grande impegno di volontari che si dedicano al funzionamento del mondo sportivo ma in questo modo sono lasciati da soli in balia degli eventi. Non voglio credere che tutto si limiti a voler riscuotere tasse gare, iscrizioni e parametri da parte delle federazioni prima di un eventuale nuovo lock-down!
Concludo chiedendomi se fosse stato il caso di ritenersi soddisfatti di poter continuare a praticare il nostro bellissimo sport anche con le poco stimolanti limitazioni imposte a giugno, forse non è lo sport che abbiamo sempre vissuto ma è la sua versione più simile che questo particolare momento ci consente di praticare.

Federico Tamberi – Responsabile sezione basket Gs Bellaria Cappuccini